venerdì 19 ottobre 2012

Chi è colui che ci induce in tentazione?

Perché non é corretto pregare "non ci indurre in tentazione"


        Il nostro Signore tramite il suo sacrificio ha liberato l’uomo dalla tirannia del diavolo rendendolo libero. L’uomo prima dell’incarnazione e del sacrificio del Verbo era sotto la tirannia del demonio, come uomo caduto, avendo il demonio dentro di sé che lo tentava violando la sua libertà. Con il battesimo l’uomo scaccia il demonio e si veste di Cristo. Cristo con il battesimo prende il posto del demonio dentro di noi e ci libera dalla sua tirannia, ridando all'uomo la libertà. Così l’uomo può usare il libero arbitrio, è libero e può scegliere se seguire la via del Signore o la via del peccato. Il demonio continua a tentarlo attaccandolo e tentandolo, cercando di indurlo a cadere preda della passione ma non può violare il libero arbitrio dell’uomo.  L'esito finale della battaglia dipende dall'uomo stesso. È l’uomo che decide quale via intraprendere: può scegliere la via della morte o la via della Vita, la via che conduce ad essere servo delle passioni o la Vita che conduce alla libertà in Cristo. Possiamo scegliere se essere figli del demonio o figli di Dio.
Il demonio cerca in tutti i modi di buttare l’uomo  nel peccato e nella sofferenza. Con i pensieri cattivi attacca la mente dell’uomo cercando di entrare nella sua anima, al fine di farlo inghiottire dal mare delle passioni.
    
     Se il demonio è dunque il tentatore, il menzognero, perché alcuni nella loro preghiera chiamano Dio tentatore dicendo “non ci indurre in tentazione”? 
    
    È possibile che il Signore che, per amore dell’uomo, desiderando la sua salvezza, è sceso in terra incarnandosi, prendendo forma di servo, e versando, di suo volere, il suo sangue sulla croce possa indurre l’uomo alla tentazione e al peccato?  Dio è il nostro liberatore e salvatore.
     
     Preghiamo dunque il Signore di non esporci in una tentazione che non siamo in grado di superare e che ci liberi anche dalla tentazione del demonio di pregare chiamando Dio tentatore. Amin

6 commenti:

  1. La traduzione in neo-greco da Apostolikì Diakonia recita: non permettere che noi cadiamo in tentazione.

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  2. Se va modificata, perché dovrebbe essere corretto il "ne inducas nos" della Vulgata?
    Il vero errore non sta tanto nelle sfumature di traduzione, quanto nel credere che "indurre" sia l'equivalente di "tentare". Non è così. "Inducere" significa "portare di fronte" (a qualsiasi cosa, non solo alle tentazioni). Letta in un modo più popolare, la frase "non ci indurre in tentazione" può essere resa con le parole "non metterci alla prova". Le traduzioni "moderne" che parlano di "permettere" ricordano tanto tristemente la psicologia del genitore di oggi, che non sente il dovere di mettere i figli alla prova, ma tutt'al più, in stile permissivo, "non lascia" che vivano esperienze difficili.
    igumeno Ambrogio - Torino

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    1. Questa riflessione non è sulla vulgata potremo comunque farla un'altra volta perchè nella sua traduzione Gerolamo ne ha fatti di errori. Comunque i vangeli sono stati scritti in greco e non in latino e sì deve tradurre dall'originale. La traduzione dell'Apostoliki Diakonia in neo-greco è quella ufficiale della Chiesa di Grecia ed è in linea con l'insegnamento patristico: Non ci esporre in una tentazione più grande delle mostre forze spirituali.
      Leggere anche l'esegesi di san Ambrogio.

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  3. http://www.ortodoxia.it/LA_PREGHIERA_DOMENICALE.html

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    1. http://it.groups.yahoo.com/group/sanmarcoefeso/message/12896

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  4. Da un articolo del Corriere della Sera del 20 gennaio 1996 di Accattoli Luigi, Quinzio Sergio sul nuovo " Padre nostro " dal titolo...

    "La Cei potrebbe approvare modifiche alla preghiera"

    ROMA. Cambierà il "Padre nostro"? La traduzione ufficiale cattolica in lingua italiana della preghiera insegnata da Gesù potrebbe essere modificata, se la Conferenza episcopale italiana approverà una nuova traduzione del Nuovo Testamento, che e' già ultimata e che e' stata trasmessa al Consiglio permanente dei vescovi. La formula attuale del "Padre nostro", che tutti conoscono a memoria e che e' usata nella messa, e' una veneranda traduzione (vecchia di due secoli) di Matteo 6, 9 13 che ha alcuni difetti e forse un errore (nel versetto sulla "tentazione"), dovuti all'essere una trasposizione dal latino della "Vulgata" più che una traduzione dall'originale greco. La nuova versione vorrebbe rimediare a quei difetti e a quell'errore. Ma non e' detto che venga accettata. Il problema fu già posto nel 1971, quando la Cei approvo' la traduzione attuale: per il "Padre nostro" si decise di non toccare la formula tradizionale. A rigor di logica la nuova traduzione dovrebbe essere accettata. Quando fu decisa l' impresa, le istruzioni date dalla Cei alla commissione (che e' presieduta dall'arcivescovo di Ancona, Franco Festorazzi) furono di procedere con il doppio criterio di una revisione sia linguistica, sia esegetica e di seguire questo binario anche per le preghiere (oltre al "Padre nostro", c' e' per esempio il "Magnificat": anch'esso dovrebbe avere modifiche), ma cercando di toccarle il meno possibile. La nuova traduzione cambia 7 parole su 56. "Santificato" diventa "glorificato", che e' certamente piu' comprensibile. Si recupera "santo", che e' nel testo greco e che era stato assorbito dal "sanctificetur" della Vulgata. I "debiti" gli esperti hanno provato a sostituirli con le "offese", ma hanno preferito mantenere il termine tradizionale, correggendo il tempo del verbo da "li rimettiamo" a "li abbiamo rimessi" perché il greco ha il perfetto. "Non abbandonarci alla tentazione" e' la modifica più importante, che rimedia all'impressione di attribuire a Dio un ruolo tentatore. Una bozza preparatoria (pubblicata ieri dal quotidiano Avvenire) proponeva di sostituire "male" con "maligno", ma la commissione ha respinto la modifica per attenersi alla regola di intervenire solo sull'essenziale. L' ultima parola la dirà il Consiglio permanente della Cei, che ha delegato a sua volta una commissione composta dai cardinali Biffi, Martini, Saldarini e dagli arcivescovi Magrassi e Papa. La decisione e' prevista entro il 1997. Se la commissione approva la traduzione del Nuovo Testamento cosi' come e' stata redatta, per i brani che dovranno entrare nella liturgia . compreso il "Padre nostro". occorrerà una "ricognizione" della Congregazione vaticana per il culto. E può essere che nelle chiese d' Italia, nell'anno Duemila, si accavallino voci confuse durante la recita della preghiera più nota.

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